Corte di Cassazione: fissato il principio del danno morale per la morte del cane.
Tutto nasce da una romantica storia d’amore tra Caterina B., una signora di Siena, e il suo cucciolo yorkshire, il suo migliore amico, l’individuo con cui trascorreva la maggior parte della giornata. La storia si interrompe nel ’97, quando lo yorkshire viene aggredito da un pastore tedesco e viene ucciso, e Caterina cade in depressione. La signora si rivolge al giudice di pace, chiedendo un risarcimento per danni morali alla padrona del cane aggressore, e lo ottiene.
Il magistrato dispone che la morte dell’animale ha provocato alla signora “un danno alla sua personalità: la riduzione della capacità e della qualità di vita, tanto da essersi dovuta sottoporre a terapia psicologica”. La signora Francesca F., la proprietaria del pastore tedesco, è stata così condannata al risarcimento dei danni morali per la somma di un milione in mezzo. Il ricorso in Cassazione, tentato da Francesca, non è valso l’annullamento della sentenza: al contrario, la suprema corte ha confermato il 14 agosto scorso, con la sentenza N°10679 del 3 agosto 2001, il giudizio a favore del risarcimento danni, riaffermando quello che sembra essere un principio importante.
Riconosciuto danno esistenziale per la perdita del cane
Il 30 luglio del 2006 abbiamo assistito ad una sentenza innovativa: il Giudice di Pace di Ortona (Chieti), Aurelio Della Nebbia, ha condannato un automobilista, che aveva investito ed ucciso un cane nel febbraio del 2006, al risarcimento del danno esistenziale per la proprietaria. Non solo, il giudice Della Nebbia ha inoltre rigettato la richiesta di risarcimento dei danni subiti dalla vettura, sanzionando civilmente la condotta dell’automobilista, che non si era fermato a prestare soccorso all’animale L’automobilista, quindi, che aveva chiesto un risarcimento pari a 2.374 euro per i danni subiti dalla sua auto, è stato invece condannato a pagare 1.500 euro alla padrona del cane per danno esistenziale oltre al pagamento di tutte le spese legali.È la prima pronuncia giurisprudenziale in tal senso. Benché la Cassazione nel 2003 avesse affermato che ” il cane, in un certo senso, è come un bambino e pertanto con lui bisogna comportarsi con la stessa attenzione e diligenza che normalmente si usa con un minore”, mai si era arrivati al riconoscimento di un danno esistenziale per la perdita di un animale domestico.
Se analizziamo cosa si intende per è il danno esistenziale ci troviamo di fronte alla seguente definizione data dalla II Sezione della Corte d’appello di Milano nel gennaio del 2003 :
Questo significa che il danno esistenziale assicura la tutela risarcitoria a fronte di quei comportamenti illeciti, che non hanno le caratteristiche per integrare un fatto di reato, né hanno cagionato al danneggiato una lesione alla sua integrità psico-fisica -accertabile con criterio medico-legale- ma non di meno hanno menomato o fortemente compromesso l’estrinsecazione della personalità del soggetto nei rapporti con il prossimo, con l’ambiente o rispetto alle attività della vita, in modo da ledere i diritti costituzionalmente tutelati dall’art. 2 della Costituzione.La perdita dell’animale di casa rappresenta sicuramente un evento molto doloroso per la sfera familiare, in cui sempre di più è integrato e all’interno della quale stabilisce una serie di legami affettivi con gli altri membri. Non ci sorprende quindi che in tale episodio possano rintracciarsi quelle che sono le caratteristiche del danno esistenziale e, cioè, un’alterazione apprezzabile della qualità della vita derivante dalla rottura dell’intenso legame affettivo della proprietaria con il proprio cane. Infine riteniamo che questa sentenza si inserisce giustamente nella scia dell’attuale evoluzione normativa e giurisprudenziale in cui c’è una sempre maggiore attenzione verso gli animali e le relazioni affettive che si creano con i loro proprietari, relazioni certamente meritevoli di una tutela giuridica.
Fonte: Centro di Psicologia Legale Avvocati, medici legali e psicologi al tuo servizio
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