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danno esistenziale per morte del gatto

La pronuncia di Cass. 4493/2009

A seguito del ricovero presso una clinica veterinaria, ad un gatto viene somministrata una trasfusione di sangue infetto, che ne determina il decesso. Accertata la colpa della clinica (che aveva omesso qualsiasi controllo in merito alla qualità del materiale ematico trasfuso), il Giudice di pace di Roma, con sentenza del 30 settembre 2004, aveva dichiarato l’inadempimento del contratto di opera professionale da parte della clinica con condanna alla restituzione del corrispettivo, oltre al risarcimento del danno morale ex art. 2059 cod. civ. in favore del proprietario del gatto per la perdita dell’animale, danno equitativamente determinato in €. 516,46. Interessante, seppure assai breve, la motivazione offerta dalla Cassazione in merito alla possibilità in capo al Giudice di pace di riconoscere un danno morale per la morte dell’animale d’affezione. Afferma infatti che, quando il Giudice di pace decide ex art. 113, comma 2 c.p.c. facendo uso della c.d. equità formativa o sostitutiva, non opera la limitazione del risarcimento del danno non patrimoniale ai soli casi determinati dalla legge ex art. 2059 cod. civ., sia pure nella sua interpretazione costituzionalmente orientata. Ne consegue che il Giudice di pace, nei soli giudizi di equità, può disporre il risarcimento del danno non patrimoniale anche fuori dei casi determinati dalla legge e di quelli attinenti alla lesione dei valori della persona costituzionalmente protetti, fermo restando a carico del danneggiato l’onere della prova (anche per presunzioni) del pregiudizio non patrimoniale subito, perché deve escludersi che detto danno possa rappresentare una conseguenza automatica dell’illecito.


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