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MA COME FANNO I VETERINARI A NON ESSERE VEGETARIANI?
Franco Libero Manco


Allo stesso modo del medico generico che sceglie questa professione per alleviare le sofferenze degli umani, l’opera del veterinario è quella di prestare cura e soccorso agli animali, prodigarsi per il loro bene, tutelarli dalla sofferenza o peggio ancora dalla morte. Di conseguenza il veterinario, se cura con passione e amore un animale bisognoso di assistenza, non può che essere vegetariano; se invece usa mangiare la carne inevitabilmente causa agli stessi animali che cura la pena suprema della macellazione e quindi dolore e agonia, e questo è a dir poco un paradosso perché una mano non può accarezzare e l’altra colpire.
Ma come un medico generico non lascerebbe torturare un suo simile e tantomeno lasciarlo uccidere, come può un veterinario, che cura (si presume) con amore gli animali, considerare normale poi mangiarseli a tavola? Come può mangiare lo stesso fegato che ha curato, lo stesso muscolo, lo stesso arto e non essere preso da sgomento e disgusto? E come è possibile avvicinarsi con amore e dedizione verso un animale se si nutre la convinzione che quella creatura possa essere fatta a pezzi e cucinata?
Il veterinario dovrebbe essere tra i palatini della causa vegetariana, il maggiore difensore dei diritti animali; succede invece che tra i simpatizzanti della causa vegetariana-animalista professionisti di ogni estrazione e di ogni categoria, vi sono medici chirurghi, psicologi, pediatri, chimici, biologi, ecc. ecc. ma stranamente a questa lista non compare mai (o quasi mai) la professione di veterinario.

Non si lamentino poi i veterinari se in qualche modo si sentono medici di serie B: fino a quando considereranno gli animali pazienti di serie B rispetto agli umani questi continueranno a considerare tale la loro professione rispetto alle altre categorie di medici.

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