
[Grottammare (AP) – Al “Festival Bio” il premio in vitello vivo è sostituito dal premio in carne macellata]
Una specie di gioco delle tre carte, questa beffa all’amatriciana biologica. La trama, in bilico tra il comico e il kafkiano, è presto riassunta.
La lotteria del Festival Bio di Grottammare (7-9 settembre) prevedeva come primo premio un… vitello vivo. In questo caso allevato biologicamente, ovvio. Valanga di mail di protesta (occorre spiegare il motivo?), e AIAB Marche si scusa (toh, qualcuno si scusa, non pare vero!): “il vitello vivo sarà sostituito da buoni di pari valore da spendere nell’ambito del biologico”.
Invece la sostituzione è una beffa, una BRUTTA BEFFA: il premio in…vitello vivo è in realtà sostituito da… un quantitativo (equivalente) di carne macellata (cioè un vitello morto!).
E’ il sindaco Merli a pregiarsi di comunicarlo ad una rete locale, aggiungendo di non condividere “certe polemiche dietro le quali – aggiunge con linguaggio da questurino - ci sono persone che conosciamo bene (sic) e non sono nuove a queste forme di protesta”.
[Le persone che conosciamo bene - di cui sindacomerli non fa nomi e cognomi come farebbe qualsiasi individuo civile, preferendo un linguaggio allusivo e vagamente intimidatorio (!) alla don Rodrigo de noantri - a loro volta conoscono molto bene il radicamento della sua amministrazione in una rozza“cultura” specista di sapore medievale; conoscono bene, di lui, l’inadempienza rispetto ad una delle sue responsabilità istituzionali, la tutela del benessere degli animali: tale è l’assenza a Grottammare di un Regolamento Comunale in materia, tale è l’annosa ostinazione ad ospitare ricorrenti mercati per santi martiri e santi patroni con vendita di animali vivi ingabbiati anche per più giorni di seguito, e circhi con animali, e spettacoli con animali esotici altrove ampiamente vietati… Cose note, cose di Grottammare borgo selvaggio].
La mail circolare con cui AIAB Marche (6 settembre) assicura che “come atto di rispetto verso tutte le sensibilità i premi in carne verranno convertiti in buoni acquisto presso le aziende biologiche socie”, è dunque una – per usare un latinismo - presa per culo. Forse, da altruisti, han voluto offrire al vincitore della lotteria una comoda facilitazione: il vitello te lo diamo bell’e macellato, risparmi un passaggio, magari dovevi ammazzartelo da te, sai la fatica, eh?...
Da questa brutta beffa emerge qualche triste considerazione. Chi promuove il biologico come forma di attenzione all’ambiente - specie se Associazione con tali finalità nel proprio statuto - certo non ignora la necessità etica ed ecologica di limitare comunque – soprattutto oggi – il consumo di carne e la diffusione degli allevamenti.
Le ragioni sono universalmente note e non esentano certo gli allevamenti biologici, pur se più attenti all’ambiente [ammettendo ottimisticamente che i parametri siano realmente rispettati] e “rispettosi del benessere animale”…[terrò per me la vigorosa repulsione che provo davanti all’ipocrisia di curare bene un animale per più tardi ammazzarlo… ].
Se dunque la scelta di non consumare carne non può essere né (ovviamente) imposta nè (purtroppo) universalmente condivisa, vero è che un’associazione con finalità biologiche dovrebbe essere avere a cuore l’orientamento del pubblico verso consumi eco sostenibili. Quindi soprattutto minor consumo di carne, per ragioni salutistiche, etiche, solidaristiche, economiche e ambientali, e promozione di tutto quanto altro di salutare ed ecocompatibile il biologico può offrire.
A Grottammare è avvenuto il contrario: col compiaciuto plauso di sindacomerli e di Segambiente (ci meravigliamo?) la gaffe del vitello vivo messo in palio - come i barbari nel buon tempo antico si giocavano lo schiavo più vigoroso - ha avuto un rimedio che (è sempre così, con le gaffe) l’ha resa ancor più evidente.
Perché la brutta beffa ha ben chiarito il fariseismo di certe iniziative di puro interesse commerciale: con la carne si guadagna di più, con buona pace dell’agricoltura biologica e dell’assunto dell’AIAB di offrire [cito dal sito della stessa] “un modello di produzione che eviti lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell'acqua e dell'aria”.
Che tristezza, se un’organizzazione di pretesa vocazione etica e ambientalista, al posto di un infelice animale da abbattere offerto al mercato come trofeo, non sa far altro che offrirne la carne già macellata...
9. 9. 2012 Sara Di Giuseppe
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