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Danni morali riconosciuti per i casi di malasanità animale



Un’altra sentenza storica quella emessa il 27 marzo 2015 dalla Corte d’Appello di Roma che riconosce ad un padrone i danni morali, oltreché patrimoniali, per la morte del suo cane, causata da un veterinario poco attento. Il cane è deceduto a causa dell’ingestione di un osso che gli ha causato una occlusione all’esofago con la conseguente lacerazione dei tessuti adiacenti.
La morte del cane poteva essere evitata eseguendo semplicemente le analisi di routine. In altre parole, se il veterinario avesse eseguito tutti gli accertamenti del caso il cane sarebbe ancora vivo. Su tali basi la Corte d’appello è stata molto chiara anche per quella parte del ricorso in cui veniva contestato il riconoscimento del danno morale al padrone.
Si legge nella sentenza:
Nel caso di un cane da compagnia è fin troppo noto come le abitudini dell’animale influiscano sulle abitudini del padrone e come il legame che si instaura sia di una intensità particolare, sicché affermare che la sua perdita sia futile e non integri la lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale – affettiva, costituzionalmente tutelata, non sembra più rispondente ad una lettura contemporanea delle abitudini sociali e dei relativi valori.
In altri termini, con questa sentenza, la Corte d’Appello ha riconosciuto il valore pisco – affettivo nella relazione uomo – animale, andando a costituire un ulteriore precedente per tutti quelli che si stanno battendo affinché gli animali da compagnia vengano tutelati come esseri viventi e non come qualcosa di simile ad oggetti privi di diritti.
La sentenza della Corte di Appello di Roma si va così ad aggiungere ad altre pronunce in cui già emergeva la questione non solo del danno patrimoniale, ma anche di quello morale ed esistenziale.
Nel 2006 il Giudice di pace di Siena riconobbe ad una signora i danni morali per la perdita del suo yorkshire causata dall’aggressione di un pastore tedesco.
La padrona dello yorkshire ottenne il riconoscimento dei danni morali dal padrone del pastore tedesco, che sebbene ricorse in Cassazione, i giudici non le diedero ragione.
Al contrario, la suprema corte confermò con sentenza N°10679 del 3 agosto 2001, il giudizio a favore del risarcimento dei danni morali.
Ed ancora nel 2006 il giudice di Pace di Ortona (Chieti) riconobbe il danno esistenziale definito come quella lesione della personalità del soggetto nel suo modo di essere, sia personale che sociale, che si sostanzia nella alterazione apprezzabile della qualità della vita consistente in agire altrimenti o in un non poter più fare come prima, ad una signora il cui cane era stato investito da un automobilista che tra l’altro aveva chiesto i danni per la sua vettura causati dall’investimento.
Il giudice però ha dato torto all’automobilista il quale, non essendosi tra l’altro fermato per soccorrere l’animale, è stato condannato al risarcimento dei danni esistenziali.
Questa del giudice di Ortona è la prima pronuncia che ha riconosciuto il danno esistenziale per la perdita di un amico a 4 zampe, benché già nel 2003 la Cassazione avesse stabilito che “il cane, è, sotto certi aspetti come un bambino e pertanto con lui bisogna comportarsi con la stessa attenzione e diligenza che normalmente si usa con un minore”.
Il riconoscimento del danno esistenziale assicura quindi la tutela risarcitoria a fronte di quei comportamenti illeciti volti a danneggiare l’integrità pisco – fisica di una persona, integrità riconosciuta costituzionalmente dall’art. 2.

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